Ai Giovani Non Interessa Lavorare: Berlusconi può Permettersi di Non Capirlo, Tu No!
Mi ha fatto sorridere il primo video di Berlusconi su Tik Tok in cui, parlando ai giovani, con i tempi della TV di 30 anni fa e il suo modo di fare, sostanzialmente rivendica l’impegno del suo partito per permettere loro di lavorare.
Lasciamo per un attimo da parte la politica e concentriamoci sul tema del lavoro: Berlusconi, che è figlio di un’altra epoca storica, non può capire i giovani di oggi.
Per loro il lavoro è un aspetto assolutamente marginale: la maggior parte degli Italiani nasce benestante e non ha un “bisogno” reale di lavorare come possono averlo, per esempio, gli immigrati.
Il lavoro è, per molti, una “necessità imposta dalla società” che si deve portare avanti con impegno blando.
Per qualcuno, al massimo, è una delle forme con cui affermare i valori ritenuti più importanti ma, in questo caso, siamo quasi al vertice della Piramide di Maslow.
Il lavoro così come inteso dai boomer e da chi ha avuto successo dagli anni 70′ in poi oggi non esiste più: non serve avere un impiego che ci permetta di avere soldi, prestigio o potere.
I soldi, spesso, molte persone li hanno dalla nascita: case di proprietà, patrimoni familiari e aiuti di genitori o nonni sono per la maggior parte della popolazione la regola. In maniera proporzionale, certo, ma relativamente diffusa: anche chi si definisce “povero“, magari, abita nella casa che fu dei genitori.
Il prestigio ce lo danno i social in maniera immediata: non serve cercarselo per forza sul lavoro, basta diventare micro influencer di qualche cosa per avere la nostra porzione di “successo”.
Il potere, poi, si manifesta soprattutto quando acquistiamo: il potere di acquisto degli Italiani è alto perché spesso “sussidiato” dal patrimonio familiare.
Di conseguenza, ai giovani non interessa lavorare nella maniera che conosce Berlusconi.
Ai giovani interessa avere i soldi, siano essi un sussidio familiare o, nei casi patologici, statale.
Per questo motivo il concetto che sta alla base del reddito di cittadinanza, per quanto di natura sociale, ha una potenza devastante perché comunica il messaggio “ampio” del “ricevere qualcosa senza far nulla”, non dissimile da quanto i giovani sono abituati a ricevere dalla famiglia di origine.
Il mio non è un pensiero che accusa qualcuno: se le persone stanno bene, perché dovrebbero sbattersi?
La mia è un’analisi cruda della realtà.
C’è una differenza enorme, però, tra Berlusconi ed i privati cittadini.
Lui è miliardario e, pur non capendo più il mondo attuale, ha una ricchezza tale da potersene fregare tranquillamente.
La maggior parte degli Italiani no: qualche centinaio di migliaia di euro o qualche milione, infatti, non sono sufficienti per ignorare i fenomeni sociali in corso.
Si bruciano in fretta, specie in caso di cattiva gestione.
Ogni giorno milioni di Italiani scherzano col fuoco: non investono, non si prendono cura del patrimonio, sono vittime di truffe più o meno legalizzate.
Tutto questo fa perdere valore al patrimonio che, ad oggi, è il principale strumento che permette alle persone di vivere nel benessere, molto più del lavoro.
Proprio grazie al patrimonio, infatti, molti giovani non lavorano, sovente addirittura su consiglio dei genitori che gli dicono di “stare a casa piuttosto che farsi sfruttare”.
Così facendo, però, l’economia non cresce e, senza grossi scossoni dall’esterno, rischiamo di entrare in un circolo vizioso.
Come se ne esce?
Con la corretta gestione del patrimonio ed un’allocazione che tenga conto anche dei cambiamenti in essere.
Fidati: Berlusconi può permettersi di non comprendere tutto questo, tu no.
Chest’è…come amo dire!
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