Come vivono in Argentina? L’economia (allo sbaraglio) dei campioni del mondo
Fuori dal centro di Buenos Aires, lontano dai festeggiamenti per il successo calcistico, distese enormi di spazzatura giacciono nelle discariche della capitale. Tra un sacco di immondizia e l’altro, migliaia di argentini che cercano plastica e metallo da vendere nei mercatini informali che sorgono a fianco a queste discariche.
Scene che sembrano tratte da un paese africano dilaniato dalla guerra, ma sono ormai la normalità in quella nazione che ha ospitato migliaia di migranti italiani: più di 800mila, secondo le fonti più accreditate, solo tra il 1871 e il 1900. Scene di famiglie alla fame, che ci ricordano quanto nessun Paese sia troppo grande o troppo ricco per finire sul lastrico.
Nel 2022, il tasso di inflazione ha già superato l’80% nei dati ufficiali e si prevede che entro la fine dell’anno supererà il 100%. La quasi totalità degli argentini è concorde nel dire che queste, le stime ufficiali, sono comunque molto conservative rispetto alla realtà.
Ma come siamo giunti a questo punto?
L’Argentina ha avuto una storia segnata dall’alternanza di periodi estremamente prosperi ed estremamente disgraziati. Il ciclo attuale inizia nel 2006, quando per la prima volta il tasso di inflazione annuo dell’Argentina “contemporanea” supera il 10%. È il risultato, come spesso accade, di politiche sbagliate: sussidi, sussidi e altri sussidi, che nessun governo ha voluto rivedere per via del costo sociale e soprattutto politico.
Ci sono oltre 150 programmi di aiuto che il governo argentino mantiene per sussidiare le famiglie meno abbienti. Strategia che può funzionare in momenti di crisi repentina, come durante il Covid-19, ma non in modo sistemico. Quando una banca centrale stampa troppa moneta, troppo a lungo, le banconote finiscono per valere meno della carta su cui sono stampate.
L’inflazione ha continuato a crescere sempre di più, finendo per rendere inutili anche i tentativi di far rientrare la situazione. I tassi della banca centrale argentina sono ormai al 75% annuo, ma l’inflazione rimane comunque più alta. Questo significa che l’economia è letteralmente allo sbaraglio, il sistema del credito non funziona e nessuno ha fiducia nella valuta. Per questo, in molti mercati rionali, si è tornati a usare il baratto.
Chi può cerca di convertire i suoi pesos in qualche riserva di valore più concreta. Le file agli ATM per cambiare pesos in dollari americani è lunga, ma c’è un limite di 200$ mensili a persona. Sopra questo limite, viene applicata una commissione extra del 25%. Il governo scarta anche l’idea di dollarizzare l’economia, semplicemente perché non ci sono abbastanza dollari per poterlo fare.
No, non possono nemmeno fare come noi.
Quando diciamo che per proteggersi dall’inflazione bisogna investire, in realtà stiamo dando per scontato che il nostro tasso di inflazione non sia così grave (a tal proposito, ti invito ad iscriverti al webinar #OBIETTIVO2023, in cui parleremo proprio di come investire il prossimo anno. Scopri i dettagli qui).
Quello argentino è il 5° più alto al mondo, per cui il peso non ha alcun valore. Nessuno vuole cedere oro in cambio di pesos, né immobili né azioni. Buona parte degli affitti e delle compravendite immobiliari vengono gestiti in dollari.
Mentre il 36,5% delle persone vive già al di sotto della soglia di povertà, tantissimi altri sono destinati a far parte di questa statistica. Il mercato del lavoro è dinamico, la disoccupazione relativamente bassa, ma è una facciata. Agli imprenditori conviene assumere perché gli scatti salariali sono lenti e avvengono in base al tasso di inflazione dichiarato dal governo. Nel concreto, l’inflazione aumenta in modo percepibile ogni singolo giorno e più di quanto il governo sia disposto ad ammettere.
Nel momento in cui una persona riceve del denaro, cerca di spenderlo subito perché non sa quanto varrà e cosa ci potrà comprare il mese prossimo. Una situazione disperata, che continua ad aggravarsi.
Intanto, una generazione di bambini senza futuro cresce con un pallone tra i piedi. L’unica speranza a cui possano aggrapparsi, sognando di emulare le gesta di Maradona e di Messi, per dare un futuro diverso a sé e alla propria famiglia. Così, la Coppa del Mondo non diventa soltanto un trofeo sportivo, ma il simbolo di una nazione che si è affidata al calcio quando non c’era nient’altro in cui credere.
A poche ore dal Natale, mentre penso alla fortuna enorme che abbiamo avuto nell’essere nati in Europa e non in altri luoghi più sfortunati, non possiamo che augurarci che molti di quei bambini possano un giorno uscire dalla povertà come sta già accadendo in tanti altri luoghi del mondo.
Colgo l’occasione, a tal proposito, per farti gli auguri di Buon Natale a nome di tutto il team di Affari Miei.
Un abbraccio.
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