Bolla immobiliare pronta ad esplodere nel 2023?
Le preoccupazioni sul mercato immobiliare americano sono molte. Magari da noi non se ne parla molto perché (a prima vista) non è un tema che ci tocca da vicino, ma in America stampa specializzata e web parlano ormai da un po’ di una bolla immobiliare pronta ad esplodere.
Del resto, guardando l’indice S&P Case-Shiller US National Home Price Index possiamo notare che è passato da un valore di circa 140 nel 2012 a oltre 300 nel 2022. In pratica, in 10 anni i prezzi sono più che raddoppiati, in un periodo in cui escludendo l’ultimo anno l’inflazione è stata molto bassa, in alcuni momenti persino prossima allo zero. Un rialzo “reale” del 100% non è cosa da poco e molti commentatori dopo il primo ribasso dell’indice stesso nel mese di settembre 2022 ritengono che il momento dell’esplosione della bolla sia arrivato.
La ragione è che l’aumento dei tassi renderà i mutui più costosi e difficili da sostenere. Questo, unito appunto a prezzi cresciuti molto più del potere d’acquisto, non potrà che portare ad una correzione dei prezzi stessi.
Insomma, una nuova crisi immobiliare come il 2008 sembra alle porte. Ma è proprio così? In realtà la situazione non è così negativa e questo per due motivi.
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La qualità del credito è migliore
La crisi del 2008 aveva molte ragioni, prima tra tutta la scarsa qualità del credito immobiliare.
In pratica, nel mercato drogato che si era creato pur di vendere (e di comprare) immobili a prezzi fuori controllo si finanziava anche gente che non sarebbe mai stata in grado di ripagare. I finanziatori lo sapevano già dall’inizio, ma interessava poco, tanto poi si “impacchettava” il mutuo scadente in un fondo insieme ad altri di qualità migliore e si cartolarizzava tutto.
Il problema è che ad un certo punto rimase ben poco da impacchettare, perché i mutui “subprime” erano molti, mentre quelli di alta qualità erano sempre di meno. Il risultato sul mercato immobiliare fu che nel 2008 praticamente il 45% delle vendite di immobili erano relative a proprietà “distressed”, cioè con alle spalle mutui insoluti.
Oggi le cose sono un po’ diverse. Nonostante il rialzo dei prezzi, i finanziatori sono stati e sono molto più cauti nel concedere credito. Attualmente, il 99,5% dei mutui sono pagati al massimo entro tre mesi dalla scadenza. Non c’è, insomma, nessun segno di una possibile valanga di mancati pagamenti con immobili che finiscono all’asta. Anzi, per certi versi la qualità dei debitori immobiliari non è mai stata così alta.
Finché i debitori pagheranno, non ci sarà alcun “nuovo 2008” all’orizzonte.
Gli immobili si vendono (per adesso…)
Dopo aver parlato del credito parliamo ora delle vendite. Come sappiamo, l’andamento dei prezzi di qualsiasi bene/servizio dipende da domanda e offerta. Finché l’offerta viene “smerciata” con relativa velocità, non c’è alcuna pressione per ridurre drasticamente i prezzi.
Nelle rilevazioni di settembre, un immobile in termini di mediana resta sul mercato sette mesi. Nel 2016 i mesi erano 11, nel 2019 erano 9. In altri termini, oggi si vende molto più velocemente che non qualche anno fa quando i prezzi erano in crescita.
Certo, qualcuno può obiettare che si vende più rapidamente perché i venditori chiedono prezzi più bassi e magari questo è in parte vero. Del resto, abbiamo visto poco fa che l’indice dei prezzi è effettivamente sceso un po’.
Ma il punto è proprio questo, anche piccoli cali di prezzo permettono di vendere rapidamente lo stock di case sul mercato. Una bolla pronta ad esplodere, invece, vede una difficoltà a vendere anche a fronte di sconti consistenti.
Siamo ancora lontani dalla bolla immobiliare nel 2023?
Ovviamente sui mercati le cose possono evolvere velocemente. Basti pensare che circa due anni fa avevamo deflazione e tassi negativi, oggi e ormai già da svariati mesi parliamo di inflazione fuori controllo e tassi che salgono ad una velocità raramente vista nella storia.
Detto questo, però, la situazione del mercato immobiliare USA non sembra quella di una bolla pronta ad esplodere. Un fisiologico rallentamento però sì e probabilmente continuerà ancora un po’. Più avanti vedremo se la situazione andrà deteriorandosi ma per ora i segnali in tal senso non ci sono.
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