Chi Sono gli Oligarchi Russi e Come Sono Diventati Così Ricchi?
In questi giorni si sente usare più che mai il termine “oligarchi”, che identifica in modo specifico i miliardari russi. Che però, a ben vedere, sono meno ricchi dei vari Zuckerberg e Bezos che abbiamo in Occidente. Perché nessuno parla di “oligarchi americani”?
Il motivo dell’etichetta non è solo la loro ricchezza, ma il modo in cui l’hanno ottenuta.
Durante gli anni ‘90 fu completata la trasformazione della Russia da un Paese comunista a un’economia di mercato. Un cambiamento iniziato con Gorbachev e la sua perestroika, ma decollato nel 1991 con la presidenza di Boris Yeltsin e il definitivo smantellamento dell’Unione Sovietica.
Se chiedi a 100 economisti cosa determina il corretto funzionamento di un’economia di mercato, otterrai 100 risposte diverse. Tuttavia è certo che alcuni punti mettano d’accordo tutti:
- La tutela legale della proprietà privata;
- Una valuta che consenta di fare facilmente transazioni sicure;
- L’apertura al commercio internazionale;
- Un ecosistema di imprese che producono valore;
- La privatizzazione delle imprese che operano a scopo di lucro;
- Un sistema fiscale chiaro.
Alcuni di questi passaggi sono stati più facili di altri: per esempio, già a metà degli anni ‘90 la Russia aveva stabilito delle rotte commerciali fisse con cui esportare le vaste riserve del suo sottosuolo verso altre nazioni.
Molto più difficile fu privatizzare le imprese. Nei paesi dell’URSS tutta la produzione era centralizzata e le imprese, incluse quelle a scopo di lucro, erano statali.
Se c’è qualcosa di difficile da trovare in una nazione con un’economia rasa a zero, segnata decenni di autoesclusione dal commercio internazionale e proveniente da un sistema in cui tutti guadagnano (più o meno) la stessa cifra, sono persone con i capitali necessari per acquisire da un giorno all’altro il 100% della proprietà di un’azienda che fattura miliardi.
Gli unici con i capitali per poter acquisire quelle aziende erano i grandi investitori stranieri, ma per quanto l’apertura al commercio internazionale ci fosse stata… non era il caso di far finire tutte le imprese strategiche della nazione in mano americana.
Così, alcuni giovani russi che avevano poco più di ciò che serviva loro per mangiare, iniziarono la loro scalata verso il potere. In un intenso gioco di corruzione, amicizie politiche e scambi di favori, qualcuno iniziò a ricevere i prestiti necessari per poter acquisire -a prezzi scontatissimi rispetto al mercato- le imprese pubbliche destinate a finire in mano privata.
Molto spesso i prezzi di prodotti finiti e materie prime, in Russia, erano una frazione di quelli praticati sui mercati internazionali. Una volta acquisita un’azienda, bastava esportare la produzione per decuplicarne i risultati.
Questo significa che il potere economico è finito in mano alle persone più corrotte e immanicate con la politica, creando un vincolo indissolubile tra la politica e i nuovi miliardari “oligarchi”. Nessuno governa senza il loro favore, ma nessuno di loro rimane al suo posto senza il favore politico.
Il grande fallimento di questa privatizzazione è stato che la società russa nel suo complesso non ne ha beneficiato.
Gli oligarchi hanno da subito capito che, per sfuggire a qualunque colpo di mano delle instabili istituzioni russe, sarebbe stato meglio portare i profitti verso altri Paesi con più tutele e più libertà.
Appartamenti a New York, squadre di calcio a Londra, conti correnti in Svizzera, yacht a Montecarlo, opere d’arte a Parigi, moda a Milano: i soldi degli oligarchi sono finiti ovunque, tranne che reinvestiti in Russia.
Di molti di loro, in realtà, non si conosce nemmeno vagamente il reale patrimonio. Per questo persino la World Bank non riesce a stimare con precisione quanta disparità ci sia tra ricchi e poveri in Russia.
Secondo uno studio di Credit Suisse del 2017, il 10% dei russi più abbienti possiede il 77% della ricchezza nazionale e l’1% dei russi più abbienti ne possiede il 56%, collocando la Russia subito sotto alla Thailandia nella classifica dei Paesi con più disuguaglianza sociale.
Non è un caso che la Russia sia il quarto Paese al mondo per numero di miliardari, ma se classifichiamo le nazioni in base al loro PIL pro-capite si colloca in 85esima posizione.
Questo è il motivo per cui le sanzioni economiche giocano un ruolo così importante nelle vicende geopolitiche che stiamo vivendo: colpire le imprese russe significa colpire gli oligarchi e destabilizzare il loro appoggio alla politica. O almeno provarci.
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