Catastrofe Finanziaria in Arrivo, come Proteggere il Proprio Patrimonio?
Stamani sono uscito presto di casa per un impegno personale e, mentre camminavo nella fredda mattinata di Torino, ho avuto modo di trascorrere del tempo da solo.
Mi è venuta in mente una discussione che ho avuto qualche giorno fa con un cliente che, mostrandomi un video su Youtube, mi chiedeva secondo lui cosa sarebbe successo all’economia mondiale nel breve termine.
Sintetizzando, questo video ipotizzava una super crisi economica alle porte con devastazioni tali che, a parere dell’autore, l’unica cosa sensata da fare sarebbe vendere tutto, procurarsi denaro contante (sic!) e materie prime che, in tempi di difficoltà, si apprezzano.
Il cliente mi chiedeva quali azioni, a mio parere, bisognerebbe intraprendere per proteggersi dal prossimo crollo dei mercati che, come dico sempre, arriverà inevitabilmente così come affermato in maniera enfatizzata dal video.
E mentre mi scaldavo le mani camminando tra gli studenti che si stavano recando al Politecnico e i lavoratori che correvano per arrivare in tempo in ufficio mi sono fatto una domanda anche io.
Una domanda, per certi versi, più intima di “che cosa dobbiamo fare?”: ho cercato di ricordare a me stesso perché ci proponiamo da anni di rispondere a domande di questo tipo, per quale ragione siamo qui e non altrove.
Il denaro da tutti viene visto come qualcosa di sporco, la finanza viene guardata con distacco perché troppo tecnica o distante dalla vita reale.
Io, invece, guardo tutto questo con romanticismo…
I soldi mi emozionano, si può dire?
Mi emozionano perché mi piace quello che c’è dietro la ricchezza che, sovente, è l’insieme del nostro lavoro e delle generazioni precedenti.
Dietro il nostro patrimonio ci sono le speranze dei genitori che, magari, per mandarci all’Università hanno fatto straordinari fino a tardi oppure hanno accorciato le vacanze di qualche giorno pur di non farci mancare nulla.
Ci sono le rinunce che noi, o chi è venuto prima, abbiamo fatto in favore di qualcosa di più importante che sarebbe arrivato in futuro.
Tutte le persone che, per dirla volgarmente, “hanno i soldi” e con cui ho a che fare hanno alle loro spalle storie di questo tipo.
Sono le storie di generazioni che si sono date da fare per far sì che oggi l’Italia faccia parte del G20 e non del Terzo Mondo e, per questo, ritengo che il denaro e la ricchezza siano argomenti tutt’altro che freddi e/o sporchi.
Per questo mi emoziono quando ci penso e per questo, quando devo dare una risposta, sento una grande responsabilità.
Le decisioni che prendono le persone che fruiscono dei miei contenuti sono sovente influenzate dai nostri studi che, prima del passaggio tecnico, hanno questo imprinting emotivo.
Mentre camminavo il semaforo dei pedoni diventava verde e mi avvicinavo alla nostra sede di Corso Francesco Ferrucci: mi sono un attimo riconnesso con la pratica mentre il mio viaggio interiore stava finendo.
Noi siamo già preparati alle crisi perché sappiamo che verranno e sappiamo pure che le risposte non possono essere semplici come gli slogan che si sentono in giro.
Non è uscendo dal mercato o riempiendosi il materasso di contanti e lingotti d’oro che si protegge il patrimonio che hanno creato le generazioni precedenti.
Non è la remissività rispetto a ciò che ci spaventa, la complessità dei mercati, l’arma migliore per dare un valore a ciò che stiamo costruendo per la nostra famiglia e per coloro ai quali dovremo passare un giorno il testimone.
Come si fa?
Il patrimonio si protegge ponendo in essere le giuste azioni tese ad un’accurata diversificazione, assumendoci i rischi che siamo in grado di tollerare e sviluppando una resilienza soprattutto mentale rispetto agli shock che potrebbero arrivare dall’esterno.
E noi, per chi lo vorrà, ci saremo sempre perché la nostra missione è soprattutto quella dell’affiancamento morale oltre che tecnico.
Siamo sulla stessa barca, condividiamo gli stessi valori e siamo mossi da un sentimento che è tutt’altro che freddo.
Adesso che mi sono mangiato un’emozione sana legata al denaro direi che posso chiudere questa mia riflessione.
Chest’è… come amo dire!
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