Risparmio Gestito e Amministrato: Differenze e 3 Consigli per Investire
Risparmio gestito e risparmio amministrato sono due delle tre modalità possibili per quanto riguarda il versamento delle imposte dovute su quanto viene guadagnato tramite investimenti.
La differenza, che potrebbe sembrare di interesse minimo per chi si sta affacciando per la prima volta al mondo degli investimenti, è invece di discrete proporzioni e può permettere gestioni delle contribuzioni verso l’erario molto diverse tra loro.
Nella guida di oggi ci occuperemo proprio di questo, ovvero di individuare quelle che sono le differenze tra i due (anzi, tre, perché ci occuperemo anche en passant del regime della dichiarazione, ormai sempre di più in disuso), sistemi, cercando di capire quando possa convenirci l’uno e quando invece sia il caso da passare all’altro.
In Questo Articolo Si Parla di:
- 1 Quando è il contribuente a dichiarare – come, quando e perché si può operare in regime della dichiarazione
- 2 Il regime amministrato
- 3 Il regime gestito: definizione
- 4 Non vi è possibilità di scelta tra i diversi regimi
- 5 I sistemi sono automatici
- 6 I consigli per investire al meglio alla luce dei diversi regimi
Quando è il contribuente a dichiarare – come, quando e perché si può operare in regime della dichiarazione
Il regime della dichiarazione prevede molto semplicemente la dichiarazione da parte del contribuente che ha investito direttamente e senza alcun tipo di mediazione.
In questo caso l’investitore dovrà occuparsi in proprio e senza possibilità di delegare il pagamento delle imposte ad autorità terze per suo conto, andando a dichiarare quanto guadagnato, occupandosi direttamente degli adempimenti fiscali, registrando tanto le plusvalenze, quanto invece le minusvalenze.
Si tratta di un regime di tipo matematico diretto, che non permette il trasferimento di plusvalenze e minusvalenze negli esercizi successivi, e sul quale comunque non ci concentreremo in misura eccessiva, dato che dovremo comunque occuparci degli altri due regimi, che sono operativi quando ci rivolgiamo ad intermediari finanziari o piattaforme gestite a diverso titolo da società di intermediazione.
Il regime amministrato
Il regime amministrato è la seconda delle possibilità che vengono offerte dal fisco italiano.
Il regime di tassazione dei redditi di questo tipo è stato introdotto dal 1998, e prevede il ricorso ad una delega a favore di un intermediario, tipicamente colui che si occupa, in qualità di persona giuridica, anche dell’amministrazione del nostro investimento.
Il caso riguarda quando noi che investiamo affidiamo l’amministrazione del nostro patrimonio, in tutto o in parte, ad un soggetto terzo, tramite un contratto che è detto di amministrazione e custodia, senza che però la gestione del patrimonio sia in alcun modo delegato.
La delega riguarda soltanto gli adempimenti di natura fiscale. Sarà dunque l’intermediario a calcolare quanto si dovrà versare e, cosa che distingue poi questo regime da quello gestito, gli adempimenti sono calcolati su imposte operazione per operazione.
Le imposte sono calcolate dunque sulle plusvalenze, ovvero sui capital gain, per intenderci sulle operazioni che hanno portato ad un effettivo guadagno rispetto a quanto investito, e si possono anche compensare con le minusvalenze, ovvero con gli investimenti che invece hanno riportato un segno meno.
Occhio, si possono bilanciare solo redditi dello stesso tipo
Vale la pena di ricordare che è possibile bilanciare tra plusvalenze e minusvalenze soltanto quando queste siano relative a investimenti omogenei per tipo.
Per intenderci soltanto:
- capital gain con capital gain su attività di compravendita;
- partecipazioni qualificate con partecipazioni qualificate.
Quando il saldo delle plusvalenze è negativo
Nel caso in cui le minusvalenze siano maggiori delle plusvalenze è possibile spostarle sugli esercizi successivi, per un massimo di quattro anni.
Superato il limite di quattro anni non vi è più possibilità di contabilizzare le minusvalenze che siano in eccesso sulle plusvalenze.
Il regime gestito: definizione
Quando parliamo invece di regime di risparmio gestito ci riferiamo ad un regime che prevede sempre la delega delle operazioni di natura fiscale ad un intermediario, con la differenza almeno a livello di individuazione del giusto regime che in questo caso l’intermediario sarà anche gestore diretto dei nostri risparmi.
È il regime che viene tipicamente applicato su fondi, ETF e altre forme di risparmio gestito dove ad occuparsi della scelta degli strumenti sui quali investire è sempre un soggetto terzo.
In questo caso l’investitore è completamente esente da obblighi fiscali e non perché queste forme di investimento siano detassate, ma perché sarà obbligo del gestore preoccuparsi di tutti gli adempimenti fiscali.
Il vantaggio dell’anonimato
Diventa molto interessante operare con questo regime innanzitutto per l’anonimato, nel senso che non saranno registrate nel suo profilo fiscale le plusvalenze di questo tipo, né tanto meno le tipologie di investimento che ha effettuato.
Si tratta di un vantaggio di poco conto per chi è un piccolo investitore, ma che per le grosse società o per personaggi pubblici possono fare la differenza tra la scelta di un regime o dell’altro.
La differenza nella compensazione tra plusvalenze e minusvalenze
Altrettanto interessanti le differenze nelle compensazioni tra plusvalenze e minusvalenze.
In questo caso possono essere infatti calcolate su tutto il portafogli in dotazione al medesimo cliente, il che vuol dire poter calcolare le stesse anche su strumenti che non sono omogenei.
Anche in questo caso le minusvalenze non compensate possono essere trasferite al successivo esercizio fiscale.
Non vi è possibilità di scelta tra i diversi regimi
Nel nostro sistema fiscale non è possibile scegliere liberamente a quale regime fare ricorso, perché saranno appunto gli strumenti scelti per l’investimento a dover orientare la scelta obbligata in tema fiscale.
Non ci sono grandi vantaggi dell’una o dell’altra opzione, anche se sicuramente l’anonimato del regime gestito può rendere la cosa più invitante da parte di quei soggetti che hanno interesse a mascherare, almeno verso il pubblico entità e qualità degli investimenti effettuati.
Altro leggero vantaggio per le forme gestite è la possibilità di poter compensare plusvalenze e minusvalenze anche qualitativamente non omogenee, senza essere costretti, per recuperare eventuali minusvalenze in eccesso, a operare investimenti qualitativamente simili per l’esercizio fiscale successivo.
Se la forma di risparmio amministrato è sicuramente più libera in senso proprio, la forma di risparmio gestito permette scelte più libere in senso fiscale, soprattutto nel caso in cui si fossero registrate delle perdite che non è possibile portare sugli esercizi successivi.
I sistemi sono automatici
Le piattaforme di investimento o gli amministratori dei titoli forniscono, ex-lege, tutta la documentazione e le deleghe necessarie per gli adempimenti di questo tipo.
Non vi è dunque motivo alcuno di preoccuparsi per conto proprio della scelta del regime e degli adempimenti, che in ogni caso vengono gestiti dalla società che amministra o gestisce i nostri titoli.
I consigli per investire al meglio alla luce dei diversi regimi
Vediamo ora qualche consiglio.
1. Gestire da soli i propri risparmi è complicato, anche sotto il profilo fiscale
Gestire in proprio, senza amministratori e senza gestori, il proprio matrimonio, è complicato su due livelli.
Il primo è quello dell’individuazione degli strumenti e del completamento delle operazioni di compravendita.
Il secondo è quello, altrettanto importante, che riguarda la fiscalità. Gestire plusvalenze e minusvalenze è molto complicato, soprattutto se non si hanno conoscenze che rientrano nel bagaglio culturale e professionale del commercialista professionista.
2. Le forme di risparmio gestito sono più libere, almeno fiscalmente
Sebbene le forme di risparmio gestito tengano l’investitore con le mani legate, perché non può mai o quasi investire scegliendo gli strumenti che compongono il portafoglio, ma deve piuttosto affidarsi a quanto viene individuato dalla società di gestione, sotto il profilo fiscale si tratta di sistemi molto più liberi.
Non vige infatti il criterio dell’omogeneità tra plusvalenze e minusvalenze, il che rende molto più facile compensare le seconde.
3. Le forme di risparmio amministrato sono meno libere fiscalmente
Discorso molto più complicato per quanto riguarda invece le forme di risparmio amministrato.
In questo caso per compensare plusvalenze e minusvalenze sarà necessario mantenere investimenti omogenei anche per gli eventuali esercizi successivi.
Nel caso di annate storte, che hanno fatto registrare minusvalenze importanti, ci si trova davanti alla scelta tra un investimento libero nella scelta o la perdita delle minusvalenze che si potrebbero compensare.
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