Rischi BTP: Quali Sono? Guida alle principali criticità per chi investe in Titoli di Stato Italiani
Tutti conosciamo i BTP, in molti li amano e non aspettano altro che le nuove emissioni per poter investire in strumenti che si ritengono affidabili e sicuri.
Tuttavia arriva un momento nella vita di ogni investitore e risparmiatore in cui si chiede: è sicuro investire in BTP? Quali sono i rischi? Esiste un rischio congelamento?
In questa guida voglio affrontare proprio il tema legato ai rischi, anche perché sul blog ho già ampiamente parlato di questi strumenti e quindi non avrebbe senso ampliare il discorso.
Iniziamo.
In Questo Articolo Si Parla di:
Rischi dei BTP
Come anticipato, anche i BTP non sono esenti da rischi, così come non lo sono nemmeno i titoli di Stato di qualsiasi altro Paese.
In particolare, possiamo evidenziare alcune tipologie di rischio più diffuse.
Volatilità
Il rischio principale dei BTP è legato al mercato e alla volatilità del prezzo del titolo di Stato acquistato durante il periodo compreso tra l’acquisto e la sua scadenza.
Si tratta di un pericolo che ha la tendenza a crescere in relazione alla durata del periodo: consideriamo che qualora i tassi di interesse aumentassero, il loro prezzo scenderebbe. Viceversa, una riduzione dei tassi permetterebbe un aumento del prezzo del BTP.
I BTP più rischiosi sono quelli con scadenza a lungo termine, compresa tra 15 e a 30 anni: se vuoi investire per un lasso di tempo così lungo, converrebbe preferire i titoli di stato a tasso variabile, per i quali la cedola varia seguendo i movimenti dei rendimenti del mercato.
In qualche modo molti risparmiatori tendono a sopportare il rischio di investimento perché esso è compensato dalla garanzia del rimborso del valore nominale dei titoli in portafoglio al momento della scadenza.
Rischio emittente BTP
Questo è un altro rischio d considerare e si verifica qualora l’Italia andasse incontro al default o fosse necessaria una ristrutturazione del debito: mai sentito parlare di CACs? Sono le clausole collettive, per cui l’investitore andrebbe incontro ad una perdita parziale o totale del capitale o almeno a una dilazione delle cedole.
Ovviamente si tratta di un caso limite, che testimonierebbe una situazione davvero grave per il Paese, che richiederebbe il supporto degli investitori per aiutarlo a riprendersi. Ma la rarità non significa che dobbiamo ignorare che il rischio esista.
CACs: cosa sono?
Apriamo una breve parentesi su questo acronimo: CACs è l’acronimo di “clausole di azione collettiva”.Esse prevedono, in casi limite, la possibilità che lo Stato che ha emesso un’obbligazione possa chiedere agli obbligazionisti di accettare il taglio del valore nominale del titolo, oppure la riduzione delle cedole o l’allungamento delle scadenze.
Queste clausole sono state introdotte progressivamente dal 1° gennaio 2013 in poi, in seguito a una decisione di Bruxelles prevista nel Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità.
Secondo le CACs è anche possibile un cambio di denominazione a livello di valuta di denominazione. Non ultimo, potrebbe anche avvenire una modifica delle condizioni degli obblighi in capo all’emittente del titolo di Stato. Quindi un obbligazione può subire modifiche sotto ogni aspetto chiave.
Insomma, siamo davanti a una specie di “bail-in”, dove non è una banca ad essere in difficoltà, bensì lo Stato, e dove l’investitore nei BTP è l’equivalente di chi si trova costretto a partecipare al salvataggio della banca.
Insomma, con queste clausole l’investitore potrebbe trovarsi nella posizione di partecipare a un’operazione di ristrutturazione del debito del Paese, ovvero un’operazione finanziaria generalmente molto rischiosa. Le CACs, quindi, fissano quindi alcuni paletti per quanto riguarda le modalità e le condizioni per i casi in cui si dovesse davvero rendere necessaria una ristrutturazione del debito sovrano.
Quali sono questi paletti? Per prima cosa, i governi dei Paesi membri dell’UE possono apporre queste clausole fino al 45% dei titoli di Stato con durata superiore ai 12 mesi, dunque non riguardano le scadenze brevi, come i BOT.
Inoltre, a partire dal 2022, sono inserite in tutti i BTP con durata superiore a 12 mesi. Anche i BTP Italia e i BTP Futura emessi in questi ultimi anni sono soggetti alle CACs.
Per concludere, abbiamo visto che le conseguenze dell’applicazione delle clausole potrebbero comportare la possibilità che gli obbligazionisti debbano accettare il cosiddetto “haircut”, ovvero un taglio del valore nominale, taglio che determinerebbe un rimborso ad un valore inferiore al 100 predefinito.
Stando alla teoria, è anche possibile che siano limate le cedole, così come la scadenza venga posticipata.
Certo è che le CACs devono essere approvate con una duplice votazione che coinvolga l’assemblea degli obbligazionisti possessori dei titoli e l’assemblea composta dai titoli che sono interessati dalla ristrutturazione del debito.
In realtà alcune delle nuove CACs prevedono un’unica votazione, solamente con gli obbligazionisti possessori dei titoli oggetto della ristrutturazione: significa che, se necessario, l’emittente potrebbe imporre ai possessori dei bond di partecipare al salvataggio dello Stato stesso.
È evidente che si tratterebbe di un’operazione molto rischiosa, con conseguenze gravi sia per i piccoli risparmiatori che per gli istituti di credito coinvolti.
Tuttavia, ricordiamoci che le CACs valgono solo per le obbligazioni emesse dal 1° gennaio 2013 in poi e non da quelle emesse precedentemente a questa data. E non dimentichiamo che la loro applicazione è un’eventualità remota, ma che non può essere trascurata.
Rischio tasso di interesse BTP
In linea teorica per chi detiene i BTP fino a scadenza il rischio emittente è l’unico presente. Nella realtà, però, la situazione è diversa. Infatti, anche se il rimborso alla scadenza è garantito, durante la durata il BTP potrebbe scendere sotto la pari, anche in modo significativo.
Questo vorrebbe dire in concreto che l’investitore otterrebbe alla scadenza il rimborso del capitale e il pagamento dell’ultima cedola, ma nei fatti il capitale potrebbe non essere stato protetto dalla perdita di valore derivante dall’inflazione.
Titoli di Stato con scadenze lunghe
Un altro caso da tenere a mente, come detto in apertura, è legato ai titoli con scadenze lunghe, che pagano Stato pagano cedole relativamente basse. Ciò ha comportato che il loro prezzo sul mercato secondario scendesse in modo evidente al di sotto il valore di emissione.
Capita che, proprio per la scadenza protratta molto in là nel tempo, alcuni investitori non intendano portare a scadenza questi titoli di Stato, trovandosi però così a dover vendere prodotti in netta perdita rispetto al valore di acquisto.
Conclusioni
In conclusione, conviene investire in BTP? I rischi che abbiamo visto sono rischi limite, che si verificano in determinati casi.
Tuttavia, non sono personalmente un grande sostenitore di questi strumenti perché non i ritengo particolarmente remunerativi, sebbene possa capire che possa aver senso inserirli in qualche strategia ben oculata.
Ho comunque spiegato più di una volta perchè ritengo che i BTP siano una bidonata, e quindi non mi ripeterò.
L’importante è che nei tuoi investimenti tu sia sempre consapevole di cosa stai facendo con i tuoi soldi e che non li investa in preda alle notizie ascoltate al mattino alla radio mentre vai in macchina, altrimenti non potrai che pentirti.
Ti lascio anche qualche guida da consultare per approfondire:
- Guida agli Investimenti Sicuri a capitale garantito;
- Investire in obbligazioni singole, fondi ed etf obbligazionari: conviene?;
- Guida generale per investire in obbligazioni;
- BTP Italia: perché lo ritengo una bidonata?;
- BTP in Perdita: che fare?
A presto!
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